martedì 27 luglio 2010

La solita storia

Qualche giorno fa ho letto l'articolo di Chiara Valentini pubblicato sull'Espresso "Questo non è un paese per mamme".
Un articolo sconfortante, dalla cui lettura ancora una volta emerge come l'Italia sia un paese nel quale le "mamme lavoratrici" sono considerate un peso e non una risorsa.
Riporto testualmente

"Ai molti record negativi delle italiane, le donne al mondo che fanno
meno figli, che hanno il tasso di occupazione più basso d'Europa e che anche
quando hanno un lavoro esterno si fanno carico di buona parte degli impegni
domestici (per un totale di 5 ore e 15 minuti contro l'ora e 30 del partner, ci
dice Linda Laura Sabbadini dell'Istat), si aggiunge adesso un altro spiacevole
primato. Risulta dai dati Eurostat aggiornati al 2008 che se negli altri paesi
europei l'avere uno o due figli modifica di poco il tasso di occupazione delle
donne, da noi invece il tasso cola a picco: meno 4,5 punti con un figlio, meno
10 punti con due, meno 22 con tre bimbetti. Al ministero del Lavoro è stata
fatta una ricerca sulle donne che si dimettono nel primo anno di vita del
bambino, quando è proibito licenziarle. Sono risultate 17.676 dimissioni nei
primi 11 mesi del 2009, di cui la gran parte al Nord."


Prendo spunto per condividere un piccola esperienza personale, che non ha nulla a che vedere con gli episodi di mobbyng di cui si parla nell'articolo.

Qualche settimana fa il mio dirigente ha commentato con un collega che forse, avendo una famiglia, la mia disponibilità non era quella che si sarebbe aspettato quando mi chiese di lavorare con lui.
Ovviamente tutto ciò mi ha ferita. La cosa triste è che mi sono sentita in colpa perchè è vero che la mia disponibilità è molto, estremamente limitata, rispetto ad altre colleghe più giovani e senza famiglia.
Mi sono sentita - o forse mi sento - in dovere di competere con loro sulla mia disponibilità, non sulla mia capacità lavorativa ma sul fatto di rimanere in ufficio oltre lil mio orario (ma un co.co.co ha un orario!?) solo per dimostrare al capo che "Se hai bisogno ci sono".
è triste constatare che questa è una mentalità molto diffusa. La capacità delle donne di multitasking, di concentrarsi per raggiungere un obiettivo nel minor tempo possibile, il poter riversare nel mondo del lavoro le innumerevoli competenze acquisite nello gestire i figli, insomma tutto quello di cui abbiamo parlato qualche post fa, non è considerato un valore aggiunto nella cultura aziendale italiana.

2 commenti:

  1. Hai pienamente ragione. Noi mamme facciamo i salti mortali per stare dietro a tutte le incombenze della giornata e come premio veniamo additate per la scarsa disponibilità, ma è un abuso. C'è un contratto con un monte ore, una volta fatte stop, il superfluo è straordinario o lavoro nero.
    A presto

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  2. Non solo nella cultura aziendale haimè... tu pensa a quando spesso da coppia si passa ad essere genitori e gli amici single o solo in coppia ti allontanano "perchè non hai più tempo" per esempio...
    Comunaue al di là della società, credo che molto dipende da noi e da quanto riusciamo a percepire davvero il nostro valore.. in genere l'esterno è uno specchio abbastanza fedele, ergo: dobbiamo prima di tutto toglierci i nostri sensi di colpa :)
    un bacione
    StefiB

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